PECHINO - Ventotto medaglie: dovessimo darci un voto, diciamo un buono un po' benevolo. Di positivo c'è che siamo sempre fra i primi dieci paesi al mondo e che gareggiare con le potenze mondiali (dalla Cina agli Usa) e con paesi che investono sullo sport molto di più certo non è facile. Dall'altra parte bisogna dire che da Atlanta '96 (35 medaglie e 13 ori) in poi caliamo sempre un po' ogni 4 anni. Siamo partiti alla grande (Tagliariol e Vezzali) e abbiamo arrancato nei giorni successivi. Per assicurarci alla fine però un finale spettacolare: il cinese Zhang messo giù dal nostro Cammarelle che ci porta l'ottavo oro di questa spedizione. Un cazzotto che dà un guizzo all'Italia. Dovevamo conquistare tra le 25 e le 30 medaglie, e fin qui ci siamo. Ma rispetto ad Atene abbiamo perso un po' d'oro per strada e qualche altro podio (allora erano state 32 medaglie totali e 10 ori). Siamo noni, davanti a Francia e Spagna paesi nostri concorrenti (e dietro l'Inghilterra e la Germania). Già perché nelle stanze della politica sportiva c'è stata una corsa a distanza con queste nazioni. La forza dello sport e soprattutto la civiltà sportiva di un paese non si misurano con le medaglie. Ma tant'è in tutto il mondo funziona così, le Olimpiadi sono esibizioni di potenza. Vedi appunto la Cina. Nella conferenza stampa finale del Coni si è già cominciato a parlare di scuola: ci vogliono strutture e organizzazione per i giovani. Problema antico e mai risolto da decenni.
Abbiamo cominciato con la medaglia di Rebellin nel ciclismo alla Grande Muraglia e chiuso con Cammarelle d'oro nel pugilato. Ecco proprio il pugilato è stato la grande nuova realtà di queste Olimpiadi: c'è una scuola che è cresciuta in questi anni e che ha portato risultati. Uomini che vengono per la massima parte dal Sud e dalla Campania. Cammarelle, Russo e Picardi forse torneranno a far popolare le palestre svuotate nei decenni dall'agiatezza e dal sopravanzare di altri sport di moda.
La scherma è stata, come al solito, una delle locomotive dell'Italia: 7 medaglie (2 ori) su 28, un quarto esatto. E avrebbero potuto essere anche di più. Valentina Vezzali, terzo oro consecutivo in tre Olimpiadi, 34 anni è stata la regina della nostra spedizione. La portabandiera di donne toste, forti di carattere prima ancora che di fisico, capaci di portare avanti famiglie, bambini, una casa e al tempo stesso prepararsi a un'Olimpiade. E con la Vezzali, la Idem (44 anni), la Sensini (38), la Trillini (38). E con loro mettiamoci pure Antonio Rossi e i suoi 40 anni: il quarto posto è comunque una bella uscita. E così pure Stefano Baldini, i suoi 37 anni e la sua dignitosissima maratona corsa da campione olimpico.
L'altra donna da incoronare è stata senz'altro Josefa Idem. Sarebbe stato oro se solo avessimo regolamenti umani e non idioti. Certo è facile dirlo quando si arriva secondi, ma quello era certamente un pari merito. Forse un giorno arriverà un fotofinish o un cronometraggio spaziale che ci dirà quale molecola di un corpo umano, di una barca o di una bici è più avanti dell'altra.
Dunque la Vezzali regina, Iosefa il simbolo. La star è Federica Pellegrini che ha portato tutto il peso dell'Olimpiade nel nuoto. Dal quinto posto e lo scoppio in pianto nei 400 stile libero ai 200 vinti addirittura col record mondiale. Sembrava che le copertine, le storie d'amore e la rivalità con la Manaudou l'avessero trasformata. E invece no. O forse proprio da quello schiaffo ha tratto la forza per la vittoria successiva. Per lei si apre un futuro da protagonista e non solo nello sport. Abbiamo fatto troppo presto forse a bollare alcuni campioni di imborghesimento e di bella vita. Vedi Montano il campione olimpico che dopo Atene sbarca in tv e nei reality show, si fidanza con show girl bellissime, apre ristoranti alla moda. Ha trascinato l'Italia della sciabola al bronzo e forse non si ritirerà più.
L'icona, l'immagine dell'Olimpiade italiana è però quella di Alex Schwazer, 23 anni da Vipiteno. E' entrato nel National Stadium piangendo e ridendo, mostrando i muscoli, baciando il laccetto nero che gli ricordava il nonno, e quando ha tagliato il traguardo è rimasto minuti abbracciato al suo allenatore Sandro Damilano. Il tutto dopo 50km massacranti di marcia. Questo è l'esterno, la copertina. Forse pochi ricordano - come ci ha detto lui stesso - che quell'oro è stato costruito nell'ultimo anno con quasi 8000 km di marcia a piedi. Ottomila: un sacrificio umano enorme. Unica attività: allenarsi, mangiare e dormire. Schwazer e Rigaudo a parte, l'atletica italiana ha fatto troppo poco, quasi zero in alcuni settori: vedi la velocità. I progressi rispetto ad Atene sono stati minimi: al massimo alcuni riescono a ritoccare il proprio personale. In zona medaglia nessuno o quasi.
Nel nuoto abbiamo una nazionale comunque viva anche se non è riuscita ad esprimersi sempre ad alto livello. In piscina c'è uno sport stravolto dalla questione costumi. Per un Magnini che non è riuscito a progredire come gli altri c'è almeno, dopo la Pellegrini, una grande realtà come la Filippi. In prospettiva Mondiali di Roma 2009 però bisogna darsi da fare. E non solo a costruire piscine.
Ci sono mancati un po' i nostri big - da Bettini a Galiazzo (che però ha preso l'argento con la squadra nell'arco) a Montano - , ma ne è venuto fuori qualcun altro. Abbiamo fallito, questo bisogna dirlo, nelle squadre. Nemmeno una, dal calcio al volley, è riuscita a portare una medaglia. Lasciamo stare il calcio che con le Olimpiadi ha un rapporto addirittura conflittuale - se potesse non ci verrebbe proprio (contrariamente all'Argentina di Messi che invece ora si gode il suo bel titolo olimpico) - ma per alcuni sport come la pallanuoto o la pallavolo maschile e femminile che storicamente ci danno tantissimo la delusione è stata grande.
Abbiamo avuto 10 argenti: la squadra di arco, Russo, la Idem, Rebellin, i 4 del canottaggio, la Sensini, Pellielo e D'Aniello nel tiro a volo, la Filippi nel nuoto e Sarmiento nel taekwondo. Alcune medaglie avrebbero potuto trasformarsi in oro. Ma il discorso anche qui è rovesciabile: dall'oro all'argento.
Resta una giusta citazione per quegli ori che una volta ogni 4 anni ci fanno comodo eccome. Come quella della toscana Quintavalle nel judo, della Cainero nel tiro a volo, o di Minguzzi nella lotta. Dopo la sbornia olimpica i riflettori su di loro purtroppo si spegneranno. E del resto non ci sono nemmeno abituati, tanto da essere in alcuni casi teneri e meravigliosi nella loro assoluta purezza. Come Minguzzi sul palco di Casa Italia, al telefono il presidente della Repubblica. "Sono Minguzzi Andrea, lottatore
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